I conflitti che hanno segnato il nostro pianeta anche dopo la Seconda guerra mondiale sono moltissimi. Alcuni sono più noti, altri meno. Clicca sul pulsante al centro per approfondirne alcuni.
Paesi in guerra
In questo stato messicano, dal 1994, la rivendicazione dei diritti delle popolazioni amerindie e dei piccoli coltivatori contro i grandi capitali stranieri ha assunto la forma di guerriglia ad opera dell’EZNL (Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale). Richiamandosi alla rivoluzione di Emiliano Zapata del 1910, i ribelli (in buona parte di origine indios) guidati dal subcomandante Marcos rivendicavano una più equa distribuzione delle ricchezze della terra, chiedendo inoltre la fine di una politica liberista che avvantaggia i poteri forti.
Dopo iniziali tentativi di soluzione politica la situazione degenerò nel massacro di Acteal (1997), in cui persero la vita 45 civili. Mentre rimaneva lettera morta ogni promessa politica, il governo procedeva a una militarizzazione del territorio, spesso acompagnata da violazioni dei diritti umani.
Nel 1992, il processo di democratizzazione dell’Algeria indipendente fu bruscamente interrotto da un colpo di stato militare che vanificò la legittima affermazione del Fronte Islamico di Salvezza (FIS) avvenuto nelle elezione degli anni precedenti. La repressione, la censura e le ritorsioni contro gli ambienti politici filo-islamici, messi in atto dalla giunta militare, ebbero come conseguenza la creazione di diversi gruppi estremisti, tra i quali il Gruppo Islamico Armato (GIA), che dettero vita a una sanguinosa guerra civile. Gli anni successivi videro un continuo sforzo diplomatico per trovare un accordo fra le parti; nel 1999 le elezioni presidenziali furono vinte da Abdelaziz Bouteflika, che iniziò un processo di pacificazione caratterizzato da ampie amnistie nei confronti dei guerriglieri islamici. Nel 2002 il GIA venne eliminato militarmente.
Da anni il sud della Nigeria è una delle zone più ''calde'' dell’Africa per la presenza di gruppi che mirano alla separazione del Delta del Niger e, soprattutto, a una redistribuzione degli introiti provenienti dal petrolio a favore delle popolazioni indigene Ijaw. Uno dei gruppi più attivi in questo senso è il MEND (Movimento per l’emancipazione del delta del Niger).
Un’altra ragione di frequenti scoppi di violenza va poi rintracciata nelle forti rivalità fra comunità musulmana e cristiana. Nel 2001 gli scontri nella città di Jos causarono più di 1000 morti.
Nel nord del paese è invece attivo il gruppo fondamentalista islamico Boko Haram, protagonista di atti terroristici contro le comunità cristiane.
Fra il 1998 e il 2003 il Ruanda è lo scenario di uno dei conflitti più sanguinari dalla fine della Seconda guerra mondiale — con un numero di morti superiore ai 4 milioni.
La lunga rivalità fra le etnie tutsi e hutu esplode nel 1994 quando, a seguito di un attentato, viene ucciso il presidente ruandese, di etnia hutu. La rappresaglia è terribile e scatena un vero e proprio eccidio di tutsi e di hutu moderati. Alla fine sono i tutsi a prevalere, provocando un’ondata di profughi hutu verso la zona dell’allora Zaire (ex Congo Belga). Nel 1996 i tutsi decidono un’azione terroristica contro i profughi hutu rifugiati in Zaire, supportati da Uganda, Burundi, Angola, USA, nonché da un gruppo di oppositori dell’allora presidente dello Zaire, Mobutu Sese Seko: è la Prima guerra del Congo (1996-1997), che finisce con la caduta di Mobutu e la proclamazione della Repubblica Democratica del Congo.
Già l’anno dopo, tuttavia, lotte di potere portarono alla Seconda guerra del Congo (1998-2003), uno dei conflitti più sanguinosi della storia dell'Africa post-coloniale.
La morte del maresciallo socialista Tito, che guidava il paese, dette il via al progressivo sgretolamento della Federazione Jugoslava nella quale, a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta, emersero numerose spinte nazionaliste ed indipendentiste. Molte di queste portarono allo scoppio di sanguinosi conflitti che videro contrapporsi gruppi etnici e religiosi.
Lo scenario più cruento è stato quello della Bosnia con la guerra civile che, dal 1993, oppose le milizie serbe a quelle croato-musulmane. La citta di Sarajevo venne a lungo assediata dai serbi nonostante gli interventi delle truppe dell’ONU. Nel 1995 la popolazione musulmana di Srebrenica subì il più terribile massacro dalla fine della Seconda guerra mondiale.
Nel 1995 gli accordi di Dayton posero fine al conflitto, stabilendo i nuovi confini degli stati conivolti.
La tensione accumulata sfociò di nuovo in guerra nella regione del Kosovo: qui la spinta indipendentista della popolazione di maggioranza albanese si scontrò con l’intransigenza del governo serbo di Belgrado. I tentativi di mediazione fallirono e si arrivò così all'attacco NATO contro obbiettivi militari serbi (1999). La reazione fu un tentativo di pulizia etnica contro gli albanesi del Kosovo, costretti a riversarsi nei paesi vicini.
La caduta dell’Unione Sovietica fece nascere in Cecenia (regione a prevalenza musulmana) un movimento indipendentista che però non vide riconosciute le proprie aspirazioni, a differenza di quanto avveniva nel frattempo in Ucraina o in altri paesi. Il contrasto portò a una prima guerra cecena conclusasi nel 1996 con un trattato di pace che assicurò l'autonomia della regione.
Nel 1999, tuttavia, a seguito di un nuovo intervento militare russo, la Cecenia tornò sotto il controllo di Mosca. I ceceni risposero allora con attentati, episodi di guerriglia e atti terroristici che sono cessati, ufficialmente, solo nel 2009.
In seguito all’attentato terroristico del 11/9/2001 contro le Torri Gemelle di New York, il governo degli Stati Uniti dichiarò guerra al terrorismo di matrice islamica, individuando i responsabili dell’attentato nell’organizzazione Al Qaida, guidata da Osama Bin Laden. Gli USA stabilirono che la base di Al Quaida si trovava in Afghanistan, paese già segnato da un lungo conflitto con l'Unione Sovietica e all'epoca governato dai talebani; già nell’ottobre del 2001 iniziarono quindi le prime operazioni di guerra che potevano contare sul sostegno della NATO e di altre potenze mondiali. In pochi mesi il governo talebano venne abbattuto, ma si trattava solo dell’inizio di un lungo periodo di scontri fra le forze alleate e la resistenza afghana.
Da decenni sull’isola di Mindanao parte della minoranza islamica rivendica con azioni militari il proprio diritto all’autonomia e alla creazione di uno stato indipendente contro lo stato filippino (di credo cristiano). Alla lotta armata del Fronte Islamico di Liberazione Moro (MILF), in particolare, sono legati alcuni dei principali fatti di guerra degli ultimi anni.
I disordini in Siria iniziano nel 2011 con alcune dimostrazioni pubbliche di opposizione al governo del presidente Bashar al-Assad, in carica dal 2000. Già l'anno seguente le proteste sfociano in una vera e propria guerra civile in cui, ai gruppi che lottano per la caduta del governo, in principio di estrazione laica, sia affiancano forze di matrice fondamentalista.
Il conflitto assume così, oltre a un carattere politico, un carattere religioso e si estende anche ai Paesi confinanti, come la Turchia. La particolare posizione strategica della Siria rende molto delicata la situazione e chiama in causa molti altri Paesi.
Fino ad ora si stima che la guerra siriana abbia provocato oltre 300.000 vittime e milioni di profughi che cercano di fuggire dalle aree di guerra.